Quest’anno vorrei un Natale che... è una fiaba di Natale scritta da Antonella Pirolo con le illustrazioni di Marika Mascitti. Una fiaba che colpisce già dall’illustrazione che compare nella copertina con la grande faccia variopinta di un uomo africano con una cartina dell’Africa sullo sfondo e un cappello rosso acceso, vivace, che suggerisce l’idea di un Babbo Natale non proprio usuale, ma familiare.
Immergendosi poi nella lettura nelle pagine interne, l’incanto continua perché i posti delle illustrazioni sono ancora più familiari. Il corso principale della città che viviamo quotidianamente, dove incontriamo i conoscenti, gli amici, i negozianti, meravigliose tavole colorate di vita quotidiana, piene, straripanti, a narrare le scene del racconto, con potenza, impeto, eleganza, grazia e gioiosità. E ci portano a pensare che i volti di Babbo Natale possono avere i tratti dei diversi popoli: bianchi, neri, orientali, con cappelli, coppole, kefiah o turbanti.
“Quest’anno vorrei un Natale che...” diventa una finestra aperta su una storia di magica quotidianità e sulla capacità di rendere speciale un evento con la sola forza della creatività e dell’amore.
Perché per vivere un Natale caldo ed emozionante non servono doni costosi, tavole imbandite con i prodotti più raffinati e abiti alla moda. È più importante la vicinanza delle persone amate, la dignità che proviene dal lavoro, anche se umile, la semplicità dei regali più sentiti, la gioia e lo stupore dei bambini.
La fiaba, oltre che del giorno più magico dell’anno, ci parla anche della realtà dell’immigrazione, della vita, molto spesso dura, che si trovano a vivere la persone di altri paesi trasferitesi, per necessità, nel nostro. Ci racconta che anche loro hanno una famiglia, e che anche loro, come noi, hanno bisogno di festa e allegria nei periodi delle ricorrenze importanti.
Anche il giovane africano Lamin vuole festeggiare il Natale, ma in modo ancora più speciale, andando nelle case dove si aspettano e si ricevono doni, e si ingegna per portare il sorriso sui volti dei bambini. Magari solo in maniera un po’ diversa, e forse più autentica, della nostra…
La storia ci invita a riflettere sul consumismo, sullo spreco, su quanti beni e oggetti vengono gettati via perché non soddisfano più le nostre voglie. Di come questi beni siano valori effimeri e di come, invece, i beni durevoli siano quelli che si ricevono dai valori come l’amicizia, la solidarietà, l’amore.
Lamin è un giovane migrante proveniente dall’Africa che trova ospitalità a Tivoli, una città dell’Italia alle porte di Roma, e frequenta la scuola di italiano dell’Associazione Casa dei Diritti Sociali che si occupa di accoglienza e di dare aiuto e supporto a chi si trova in povertà di diritti. Un giovane che vive assieme a una numerosa comunità variopinta e vociante, alle prese con l’inserimento, non facile, in un paese straniero.
Siamo alla vigilia di Natale e il sogno di Lamin è sempre stato quello di fare il Babbo Natale e consegnare i doni ai bambini, ma ha il timore che non sarà possibile perché il Babbo Natale ha la pelle bianca e lui, invece… Ma chi l’ha detto? Qualcuno avanza l’ipotesi che Babbo Natale sia in realtà di colore… in fondo nessuno l’ha mai visto no? Sarà l’insegnante di italiano ad organizzare tutto per coronare il desiderio di Lamin, in una insolita gita notturna in città, con una bicicletta rossa.
L’incontro con Martina, una bambina veramente speciale, porterà alla luce la diversità che abbraccia l’amicizia, al di là dei doni. Un racconto gentile, commovente, toccante, originale, schietto e autentico. Reso magico da illustrazioni in cui perdersi, vive di intensità e di particolari che risultano importanti e danno sia il senso della malinconia metropolitana sia il calore, la delizia e la gioia della festa, senza tralasciare il fascino e la suggestione dei panorami notturni ed invernali della città medievale. Questo libro mostra la ricorrenza delle festività natalizie da un punto di vista diverso ma ugualmente incantato e “intimo”; perché non parla solo del Natale ma invita anche a riflettere sui temi dell’immigrazione, dell’accoglienza, del consumismo, dei diritti.
E a proposito di diritti ci piace ricordare come 70 anni fa, il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la DUDU (Dichiarazione universale dei diritti umani) che riguarda tutte le persone del mondo, senza distinzioni, perché esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per il solo fatto di essere al mondo. Purtroppo ancora oggi, troppo spesso, i principi contenuti nella DUDU non vengono rispettati dai governi.
Fu un evento storico: per la prima volta la comunità internazionale si assumeva la responsabilità della tutela e della promozione di specifici diritti posti alla base della convivenza civile. Così dall’esperienza della violenza scaturì una forte affermazione della dignità inviolabile di tutti gli esseri umani.
La Dichiarazione si compone di 30 articoli che sanciscono i diversi diritti di ogni persona. Questi diritti, pur ricevendo all’interno della DUDU una trattazione separata, sono tra loro interdipendenti e indivisibili. Gli articoli 1 e 2, che rappresentano la base dell’intera Dichiarazione, stabiliscono come principio fondamentale che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
Articolo 1
Quando nascono, gli esseri umani sono liberi e hanno diritto ad essere trattati tutti nello stesso modo. Hanno tutti ragione e coscienza e devono comportarsi amichevolmente gli uni con gli altri.
Articolo 2
I diritti stabiliti in questa Dichiarazione valgono per tutti. Non importa:
• se sono maschi o femmine
• qual è il colore della loro pelle
• quale lingua parlano
• che cosa pensano
• in quale religione credono
• se sono più o meno ricchi
• a quale gruppo sociale appartengono
• da quale Paese provengono.
Inoltre, non ci deve essere nessuna differenza tra le persone che vivono in un Paese indipendente e quelle che vivono in un Paese che non lo è.
Buona lettura e soprattutto buoni diritti a tutti.
Giuseppe Zarbo
Presidente della Casa dei Diritti Sociali della Valle dell’Aniene