Lockdown / Upside down
Società ed economie globali in ripartenza
di Gaetano Fausto Esposito
In questo volume sono raccolti, sviluppati e organizzati in maniera complessiva i post del Blog che tengo sull’Huffington Post e che sono stati scritti “in presa diretta” durante il periodo di diffusione della pandemia. Costituiscono quindi delle riflessioni, condotte a partire dal mese di febbraio 2020, su alcuni aspetti del fenomeno che è stato considerato da tutti, quasi tutti, gli osservatori un evento inatteso e assolutamente imprevedibile.
Ma non era così. Ha un valore quasi profetico, oltre che inquietante, la pubblicazione nell’ottobre del 2019 del Rapporto elaborato dal Center for Health Security della Johns Hopkins University – l’istituzione che ci ha fatto compagnia in tutto il periodo della pandemia rendendo note le statistiche sulla diffusione del contagio da Covid-19 a livello mondiale – che testualmente affermava: «La sicurezza sanitaria è fondamentalmente debole in tutti i paesi del mondo. Nessun paese è pienamente preparato a fronteggiare i rischi di una epidemia e di una pandemia e ogni paese ha degli importanti divari da colmare al riguardo (Nti-Johns Hopkins, 2019, p. 9)» e poi: «I paesi non sono preparati per eventi catastrofici globali, incluso quelli che potrebbero essere causati dalla diffusione di nuove o emergenti patologie» (ivi, p. 44). Vi si faceva anche notare che oggi quasi i due terzi delle patologie note e (addirittura) i tre quarti delle nuove patologie sono diffuse dagli animali agli esseri umani.
Il Rapporto proseguiva nel raccomandare la necessità di un approccio globale alla questione, sottolineando che per fronteggiare questi rischi era necessaria una logica multilaterale e globale da parte delle istituzioni.
Non basta: già nel 2012 un altro Rapporto presentato da Accenture evidenziava (sebbene con una bassa probabilità) l’eventualità di una pandemia tra rischi di interruzione dei processi produttivi a livello mondiale.
Le solite “cassandre” si sarà pensato… e l’attenzione di larga parte dei principali leader mondiali è stata rivolta ad altri interessi, per lo più orientati a smontare in vario modo la costituency delle organizzazioni multilaterali (ed in particolare di quelle) nate dopo la immane tragedia della Seconda Guerra mondiale!
Abbiamo vissuto quanto è accaduto, non solo in termini sanitari, ma anche come complessivo blocco di larga parte delle società e delle economie mondiali. Sappiamo quello che è accaduto, ma non riusciamo ancora a perimetrare quello che potrà accadere, quali ne saranno le conseguenze sulla società, l’economia e soprattutto per le persone. Però abbiamo tutti la sensazione che le forme, le modalità e gli effetti di questa pandemia non sono paragonabili ad altri eventi drammatici del recente passato.
Magari, invece, presentano diverse analogie con quelli del lontano passato, con le epidemie che nel Medioevo o nei primi decenni dell’Età moderna avevano funestato l’Europa (il che ne spiega i frequenti riferimenti nelle pagine successive), pur avendo origine al di fuori del Vecchio continente e, in particolar modo, dalla Cina, il paese – sotto certi aspetti – più “globalizzato” del tempo! Questi funesti eventi erano in genere messi in conto nelle società di allora, abituate a vivere in una condizione di “serena precarietà”, o se vogliamo di fatalismo… ma, in epoca di capitalismo trionfante, pensando di avere acquisito maggiori certezze e benessere, si è diffuso un senso di spavalderia e di sfida verso il futuro, che acuisce gli effetti di eventi come questo, perché ci ricorda la caducità e la fragilità umana; e ciò ci intimorisce, crea ansia, stress che si trasformano in vera e propria paura.
Una paura per l’ignoto che sembrava aver abbandonato larga parte delle nostre società.
Nel volume cercheremo di fare alcune considerazioni, soprattutto su quello che potrebbe succedere nel livello di interdipendenza delle produzioni a livello mondiale, nelle modalità di concepire formule innovative di lavoro, nella reazione – inizialmente sicuramente insufficiente – di alcune istituzioni sovranazionali e, infine, nella possibile affermazione di nuove forme di cultura e di egemonia mondiale.
Il punto di partenza è che, come recentemente sottolineato dalla Banca Mondiale, si tratta della prima volta dal 1870 che una crisi economica è causata da motivazioni di ordine sanitario e dalle misure adottate per contenere la diffusione della pandemia (Word Bank, 2020, p. 15), dando vita alla peggiore crisi economica vissuta dal Secondo dopoguerra, molto più acuta di quella generata dalla diffusione del “virus finanziario” del 2007-08, con una caduta del prodotto mondiale che è circa tre volte quella sperimentata nella crisi del 2007-08 (ivi).
Le principali proiezioni sull’andamento dei tassi di crescita poi sottolineano che questa crisi è la prima veramente globale, perché riguarderà circa il 90 per cento delle economie mondiali, molte delle quali sperimenteranno la maggiore contrazione nel reddito pro-capite a partire dal 1870.
Questi spunti vengono offerti come elementi di riflessione e di discussione, partendo dalla convinzione che al centro di tutti i processi c’è il valore della persona e la ricchezza della socialità, una socialità che è stata compressa in questo periodo, e a cui si è cercato di supplire secondo varie formule e modalità.
Ecco perché apriamo queste rapide note con le parole di John Donne, scritte (nel 1623) proprio durante una malattia (sconosciuta) che lo aveva colpito, in un’epoca in cui le epidemie erano frequenti e facevano parte di umane eventualità da mettere in conto:
«Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te».
Roma, luglio 2020
Desidero ringraziare Simona Italiani e Annalisa Gennaretti per l’assistenza all’editing in “epoca” di lockdown e smart working e Antonella Laganà per la cura e la competenza nel supporto editoriale.