“Per promuovere fiducia, è decisivo il buon funzionamento delle pubbliche istituzioni che devono alimentarla, favorendo coesione sociale […] La democrazia si rafforza se le istituzioni tengono viva una ragionevole speranza. È importante anche sviluppare una cultura della responsabilità che riguarda tutti: dalle formazioni politiche, ai singoli cittadini, alle imprese, alle formazioni intermedie, alle associazioni raccolte intorno a interessi e a valori”. Sono le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno: fiducia, istituzioni, senso di responsabilità e spirito di coesione, sono alla base di una genuina crescita civile.
Sì appunto, crescita civile un tema che affonda le radici nella nostra storia. A metà del 1700 Antonio Genovesi guardando alla condizione del Regno di Napoli, affermava la necessità di un’adeguata “fede pubblica”. “Questa parola fides significa corda che lega e unisce. La fede pubblica è dunque il vincolo delle famiglie unite in vita compagnevole”, si distingue dalla diffusa fede privata, basata su legami di tipo particolaristico, legati al sangue o a patti feudali di vassallaggio o all’onore, tutti estranei alle virtù civili”.
Gli faceva eco qualche decennio dopo Gaetano Filangieri, giurista e filosofo, per il quale non esiste sviluppo civile ed economico senza “confidenza nel Governo, confidenza nei magistrati, confidenza negli altri cittadini”, che sono le prime e principali risorse di ogni sviluppo collettivo e individuale.
Circa un secolo dopo, in pieno Risorgimento italiano, Carlo Cattaneo sottolinea la stretta integrazione tra azione individuale e contesto sociale, diritto, economia e morale, per evitare che la ragione sociale sia sopraffatta dagli egoismi individuali: “poiché l’equilibrio degli interessi produce l’equilibrio delle passioni, e questo abituale temperamento delle passioni costituisce appunto la prima moralità di un popolo”.
Le istituzioni nascono per dare fiducia attraverso un comportamento responsabile che deve avere come metro il conseguimento di coesione sociale e interesse comune! Con questo po’ di background di pensiero oggi invece riecheggia il ritornello della canzone di Loredana Bertè e Mia Martini: “Stiamo come stiamo… usati di seconda mano” …più che usati parecchio sfibrati, usurati (e demotivati) dai tanti episodi del sistema istituzionale che sembrano contraddire le ragioni che ne giustificherebbero l’esistenza.
La scarsa fiducia nelle istituzioni si trasforma in delusione e si riflette sul senso civico, crea malcontento, alimenta comportamenti contrari all’etica della responsabilità, favorisce la “fiducia privata” e i suoi particolarismi. Smarriti dalla debole (e spesso contraddittoria) risposta istituzionale cerchiamo conforto e solidarietà nel privato e nelle sue organizzazioni. Ma siamo sicuri che queste rispondano sempre a un principio di responsabilità?
È un fenomeno diffuso: negli Stati Uniti in venti anni le persone molto fiduciose nel Congresso si sono ridotte della metà, dal 22 all’11%, quelle molto poco fiduciose sono oggi il 48% contro il 24% del 2000. Più in generale solo il 40% degli americani ha una fiducia globale nel proprio governo. Regge e si sviluppa solo la piccola iniziativa: oggi negli Usa quasi il 70% delle persone nutre fiducia nelle piccole imprese (contro il 23% di quelle che lo hanno nel Big business).
Allargando la visuale la situazione migliora, ma non è esaltante: nel mondo il 52% delle persone ha fiducia nelle istituzioni, una percentuale che scende al 49% nell’Unione europea, ma che invece sale al 56% per le organizzazioni non governative, quel vasto sistema di auto organizzazione degli interessi sovente con scopi sociali, ma che a volte possono essere comodi paraventi per iniziative particolaristiche e discutibili.
La fiducia istituzionale crolla dappertutto, si diffonde il senso di ingiustizia: solo il 39% dei cittadini è confidente che nel proprio Paese la giustizia prevalga sempre sull’ingiustizia! La crisi del 2008 ha acuito questo fenomeno, per la supposta incapacità delle istituzioni pubbliche di assicurare coesione sociale, ma anche perché ha messo ancora di più in evidenza i limiti derivanti dallo sfibrarsi del senso civico, con la diffusione di tanti episodi di corruzione.
“Mal comune…” potremmo dire, ma da noi le cose sembrano ancora più gravi. Il recentissimo Rapporto di Demos sugli “Italiani e lo Stato” segna un ulteriore distacco: dalla politica (e dai partiti identificati nel Parlamento) ancora di più che dalle istituzioni dello Stato (in cui comunque confida meno di un quarto dei cittadini). Tutti valori in peggioramento rispetto a dieci anni fa. Con perdite vistose anche per la Presidenza della Repubblica e per l’Unione Europea.
Sondaggio Demos, Fiducia nelle principali istituzioni
La responsabilità verso un comune interesse che non si ritrova nel sistema istituzionale è anche da noi ricercata nella società civile: cresce l’impegno nelle diverse organizzazioni di volontariato, ma in particolare nei rapporti con altre persone, il che non necessariamente è un aspetto positivo, potendo segnalare l’affermarsi di nuove forme di rapporti particolari.
La sussidiarietà è importante, ma non può costituire sempre un succedaneo rispetto alla forza e alla responsabilità di un sistema istituzionale chiamato a perseguire interessi collettivi più ampi, altrimenti c’è sostituzione di compiti e anche potenziali rischi di controllo democratico! La fede privata non può rimpiazzare quella pubblica e questo era chiaro già quasi tre secoli fa!
Sondaggio Demos,Partecipazione e impegno
Ecco perché è urgente riscostruire la fede pubblica, per dirla con Genovesi e con Filangieri, con positivi esempi concreti! Cresce la voglia di partecipazione diretta nell’esprimere il proprio punto di vista: per quanto il 30% partecipa a discussioni politiche via internet aumenta lo scetticismo verso questo strumento, che si presta a forme di manipolazione: negli Usa il 42% delle persone ha bassissima fiducia nelle notizie veicolate dai social; nell’Unione europea tre cittadini su quattro sono molto preoccupati delle forme di disinformazione e di incomprensione rese possibili dai social network nei periodi pre-elettorali, il 61% esprime la preoccupazione di manipolazioni nei processi elettorali.
La fiducia non passa quindi per la rete, ma per le persone e le relazioni con gli altri. Una dimensione che le istituzioni devono assolutamente recuperare anche attraverso forme di dialogo più diretto, pena l’essere spiazzate da quanti utilizzano l’esposizione personale per diffondere la “sfiducia verso gli altri” che poco ha a che fare con responsabilità, solidarietà e spirito di coesione.
Oggi il 67% degli italiani ritiene che la democrazia sia la migliore forma di governo, un poco in calo rispetto a dieci anni fa (quando era il 72%), ma un 19% pensa che in alcune circostanze ad essa sia preferibile un regime autoritario.
Restituire dignità e responsabilità alle istituzioni significa – anche nella dialettica politica giornaliera – dare il segno di perseguire un progetto che non sia di rafforzamento di specifici interessi e posizioni (anche mettendo in conto un “passo di lato” se non proprio “un passo indietro”), per alimentare quella “ragionevole speranza” alla base dell’esortazione del Capo dello Stato, cui hanno plaudito quasi tutti! Quasi tutti si, ma è bene ricordare ai nostri policy maker l’ammonimento di Bertrand Russel: “Abbiamo due tipi di morale fianco a fianco, una che predichiamo ma non pratichiamo, e un’altra che pratichiamo ma di rado predichiamo”. E troppe volte è la seconda a prevalere largamente sulla prima.
Gaetano Fausto Esposito
Segretario Generale di Assocamerestero
Fonte: https://www.huffingtonpost.it/entry/il-male-comune-della-sfiducia-nelle-...